Ci sono luoghi che sembrano messi lì per caso, nascosti dietro curve strette, oltre crinali che scoraggiano i più. Eppure, chi decide di uscire dai percorsi prevedibili trova spesso le storie più interessanti. Questa è una di quelle. Un borgo piccolo, abbarbicato nel cuore dell’Umbria, che non fa rumore ma lascia il segno. Non lo trovi sulle copertine patinate dei magazine di viaggio, ma è esattamente quel tipo di posto che una volta visto ti domandi perché non ci sia arrivato prima. Il nome? Preci. Ma prima di arrivarci, vale la pena capire cosa lo rende così particolare…
Dentro il Parco dei Sibillini, dove la natura detta le regole
Arrivare a Preci è già parte dell’esperienza. Sì perché non ci si passa per caso: ci si arriva con l’intenzione di farlo. La strada attraversa il Parco Nazionale dei Monti Sibillini, una delle aree naturali più interessanti dell’Italia centrale. Quello che colpisce subito è la varietà: si alternano boschi fitti, altopiani erbosi, pareti rocciose, corsi d’acqua limpidi. È un paesaggio vivo, concreto, che si impone. Qui non si viene per una gita fugace. Si viene per rallentare, per immergersi in un contesto dove la natura non è solo sfondo, ma parte attiva della vita locale. La biodiversità è notevole, il silenzio è reale, e la qualità dell’aria fa subito la differenza. Chi ama camminare trova percorsi ben segnalati e poco affollati. Ma anche chi cerca semplicemente uno stacco trova nella semplicità del paesaggio una risposta.
Una storia poco nota ma davvero straordinaria
Preci non è solo un borgo carino da fotografare. È un luogo che ha avuto un ruolo ben preciso nella storia della medicina europea. Sì, avete letto bene. Qui, tra queste pietre, è nata una delle prime scuole di chirurgia del continente. Tutto comincia dall’Abbazia di Sant’Eutizio, fondata da monaci benedettini nei primi secoli del Medioevo.
I monaci non si limitavano alla vita spirituale: erano studiosi, copisti, ma anche conoscitori delle tecniche mediche dell’epoca. Nel tempo, queste conoscenze vennero trasferite alla popolazione locale. Nacque così la scuola chirurgica preciana, attiva già nel XIII secolo. I “preciani” operavano in tutta Europa, erano richiesti per la loro abilità nel trattare ernie e cataratte, e lavoravano spesso in ambienti nobiliari o ecclesiastici. Non era medicina improvvisata: era metodo, rigore, formazione. Oggi l’abbazia è ancora lì, silenziosa ma imponente, e questa storia – poco raccontata – è uno dei motivi per cui Preci merita attenzione.
La ricostruzione che non si è fermata
Il terremoto del 2016 ha messo a dura prova Preci. Gran parte del borgo è stata danneggiata, l’abbazia ha subito crolli importanti, e la vita quotidiana è cambiata radicalmente. Ma la risposta della comunità è stata ferma. Niente clamore, ma molto lavoro! Oggi molti edifici sono stati ricostruiti, altri sono ancora in fase di recupero. Ci sono cicatrici, certo, ma c’è anche una determinazione concreta a rimettere tutto in piedi. E lo si vede nei dettagli: nei cantieri attivi, nei bar che hanno riaperto, nei giovani che hanno deciso di restare. Non è retorica: è la fotografia di un’Italia che affronta i problemi senza scorciatoie. Preci non cerca pietà, cerca attenzione. Merita di essere raccontata per quello che è: un borgo che ha saputo reagire con dignità, che conserva una storia unica, e che oggi offre un modo diverso – più vero – di vivere il turismo. Per chi cerca esperienze con un senso, questo è un punto fermo.
Preci non è facile da raggiungere, non è spettacolare nel senso convenzionale del termine, e non ha nulla da dimostrare. Eppure, è uno dei borghi più interessanti dell’Italia centrale. Per la sua storia, per il suo paesaggio, per la sua capacità di restare autentico senza restare indietro. In un’epoca in cui si parla tanto di sostenibilità, rigenerazione e turismo consapevole, Preci ha già fatto i compiti.